Da “Il sorriso di Palinuro” al trascurato simbolico cenotafio
Alla biblioteca Edith Stein un richiamo alla cultura del ricordare
(Marisa Russo)
Un pomeriggio culturale denso di emozioni ha coinvolto il pubblico presente in un esponenziale richiamo all’importanza del ricordare nel suo più profondo significato etimologico di rivivere nel cuore contenuti, sentimenti, realtà profonde, al di là dell’effimero tramutarsi della materia.
A Vallo della Lucania nella Biblioteca Edith Stein recentemente allestita nel Convento di S.Teresa e dedicata al ricordo della filosofa carmelitana, martire della persecuzione degli Ebrei, con organizzazione della Fondazione “Casa di AnnaLaura”, creata in ricordo della giovane vittima della strada, è stato ricordato il professore, scrittore Giuseppe Di Marco, prematuramente, materialmente scomparso, con il suo testo “Il sorriso di Palinuro”, nel quale è ricordato il Mito di Palinuro ed i sentimenti espressi da tanti letterati per il Cilento, soprattutto da Ungaretti.
La conduzione-relazione di Giusy Rinaldi, Presidente della Fondazione, svolta con preparazione e sentimento, ben lungi dal leggere preparate, fredde parole, è stata determinante per rendere quel “visibile parlare” che sottolinea nel sottotitolo l’autore del testo presentato.
Parlare dando visioni di immagini che intersecano i sensi e l’intelletto, è dono di pochi!
Tanti gli argomenti che dovremmo affrontare suggeriti da questo Incontro, ma, dovendoci limitare, ci soffermiamo sul valore del custodire i simboli che comunicano l’essenza del luogo, che sono fondamentali anche per richiamare e realizzare Turismo Culturale, Turismo di qualità, in questo territorio che ne avrebbe la vocazione.
Nel frontespizio del testo è rappresentata la testa attribuita ad Apollo, per duemila anni immersa negli abissi del mare e quindi recuperata da un pescatore di alici e conservata nel Museo di Salerno. Quella testa leggermente inclinata in un umile, umano abbandono al triste destino, Il suo enigmatico, malinconico sorriso suggerì ad Ungaretti l’anima di Palinuro ed a lui l’attribuì.
Leggendo i versi di questo poeta che usa e ripete le parole con esoterica musicalità e con la capacità di evocare immagini emotive che vanno oltre i vocaboli, si comprende quale preparazione necessita per viaggiare con l’anima e per saper “guardare” al di là dell’effimero esterno e come, contemporaneamente, tale “viaggiare” rende la vita intensa.
Invece si dimentica e si trascurano anche resti archeologici come il cenotafio, cippo sepolcrale eretto in onore di Palinuro il IV secolo A.C. , ripreso con acquaforte ) dall’artista viaggiatore Franz Ludwig Catel nel 1812, quando era ancora quasi del tutto integro.
“……popoli vicini, perseguitati da celesti segni, per tutte le città della lor terra placheran, l’ossa un tumulo innalzando ed al tumulo offrendo onor solenni; e il luogo avrà di Palinuro il nome” è l’annuncio che la Sibilla proferisce nell’Eneide di Virgilio.
Quel tumulo, quel cenotafio, invece di ricevere “onor solenni” ora è abbandonato, in gran parte demolito, non protetto, trascurato.
Palinuro diviene rinnovato simbolo non solo della mancata accoglienza da lui ricevuta, ma anche della superficiale abitudine a non voler ricordare!